79 anni dalla strage di Monte Carmignano: Caiazzo ricorda le 22 vittime dell’eccidio.

Eccidio di Monte Carmignano
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Il 6 aprile 2016 l’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani Italiani), in collaborazione con l’Istituto nazionale Ferruccio Parri, lancia ufficialmente l’atlante delle stragi nazifasciste perpetrate dagli uomini di Hitler e Mussolini in Italia a partire dal’8 settembre 1943, giorno in cui si notificò l’armistizio di Cassibile e iniziò la brutale ritirata nazista verso il Nord Italia.

Sono stati documentati circa 5800 eccidi, per un totale di oltre 24mile vittime. Molte delle stragi con cui i Nazisti targarono la loro ritirata, però, sono rimaste sepolte per decenni tra registri e vecchi archivi. Non è un caso, infatti, che anche la strage di Monte Carmignano fu riportata alla ribalta solo verso la fine degli anni Ottanta grazie all’italoamericano Joseph Agnone.

FONTA-BOSCO
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Cosa accadde quel 13 ottobre 1943?

Facciamo un passo indietro: una volta firmato l’armistizio con gli Alleati le truppe angloamericane iniziano rapidamente a risalire la Penisola, costringendo di fatto i Nazisti a una frettolosa e altrettanto spietata ritirata. Le armate tedesche riescono ad organizzare lungo la Linea Gustav, all’altezza della città di Cassino, una stentata resistenza per rallentare il più possibile l’avanzata alleata.

Prima di raggiungerla gli angloamericani sono costretti ad oltrepassare la valle del Volturno che, come lo stesso Antimo Della Valle scrive nel suo libro “Caiazzo non perdona il Boia Nazista. La strage dimenticata”, si figura come  “un vero e proprio ostacolo naturale” a causa “delle lunghe piogge che creano periodi di piena e rendono il terreno circostante impraticabile”.

Gli scontri, seppur aspri, durano appena due giorni: il 14 ottobre gli alleati sfondano le linee nemiche mentre i Nazisti battono in ritirata verso il Lazio. Poche ore prima dell’ingresso degli americani a Caiazzo, però, su un piccolo colle ai confini del paese ha luogo quella conosciuta ai più come “Strage di Monte Carmignano”.

Quella sera dai fucili di alcuni soldati tedeschi rimbombano gli spari di 22 proiettili, anzi, probabilmente anche di più. 4 uomini, 7 donne e 11 bambini di età compresa tra i tre e i dodici anni muoiono sotto gli occhi gelidi e impassibili del sottotenente Wolfgang Lehnigk-Emden di appena 21 anni, poco più che un ragazzino dal “viso liscio e con un paio di occhialetti da tartaruga”.

Si ritiene che i soldati tedeschi, consapevoli di trovarsi a pochi km dai corazzati battaglioni americani, quella sera fossero particolarmente inquieti e sospettosi. Il sottotenente Lehnigk-Emden, qualche ora prima di iniziare la ritirata,  avvista dei segnali luminosi sospetti provenire dalla finestra di una masseria. Per il soldato la risposta a ciò che ha appena visto è una sola: tradimento.

Dopo aver fatto irruzione nel casolare, con il sospetto che i civili stiano cercando di comunicare con le truppe alleate, questi ordina l’immediata fucilazione dei 4 capo-famiglia ai quali si aggiungono, pochi istanti dopo, anche un adolescente e due donne. Ciò che accadde dopo, come sottolineò il granatiere tedesco Wilhelm May in una deposizione, fu una “vergogna per l’esercito tedesco”.

Le 15 persone rimaste nella masseria, di cui 5 donne e 10 bambini, furono assassinate con granate e colpi di mitra. I corpi lasciati lì, ammassati uno al fianco dell’altro. A ritrovarli, qualche ora dopo, fu William Stoneman, corrispondente di guerra del Chicago Daily News.

Da lì a pochi giorni il sottotenente Emden sarebbe stato catturato e inviato in un campo di prigionia ad Algeri: la sua permanenza è però molto breve, dato che qualche mese dopo riesce a fuggire e a ritornare in Germania sotto falso nome, dove si sposa e inizia a lavorare come architetto a Ochtendung, cittadina di circa 4500 abitanti.

A guerra terminata in Italia della strage di Monte Carmignano non è rimasto nulla (o quasi): William Stoneman, che fu il primo a rinvenire i corpi e allertare il Servizio Segreto militare americano, non aveva di certo dimenticato le raccapriccianti immagini di quel 13 ottobre 1943.

Il 10 marzo 1949 l’allora Ministro degli Esteri Carlo Sforza riceve un’importante lettera dallo stesso Stoneman, che recitava: “Caro Conte Sforza, ricorro alla nostra conoscenza nei giorni difficili del 1943 e del 1944 per chiedere il vostro aiuto per scoprire se e cosa è stato fatto per punire e arrestare il tenente Wolfgang Lehnihk-Emden, quel giovane bruto tedesco che fu responsabile dell’uccisione di oltre venti civili italiani a Caiazzo”.

La risposta degli Affari Esteri arriva solo dopo diverse settimane: il Governo Italiano, “in considerazione della fase delicata che attraversano le trattative attualmente in corso con le Autorità Sovietiche per la nota relativa ai presunti criminali di guerra detenuti in Italia e richiesti dal Governo dell’Urss”, si rifiuta di intervenire.

L’eccidio di Monte Carmignano, dunque, finisce nel dimenticatoio e lì vi rimane per diversi decenni. Solo più di 30 anni dopo Joseph Agnone, un appassionato di storia che stava approfondendo la battaglia del Volturno, scopre a Washington l’esistenza di un dossier sulla strage e lo invia immediatamente alla Magistratura italiana.

È il gennaio 1991 quando la Procura di Santa Maria Capua Vetere inizia formalmente un procedimento penale a carico dei soldati responsabili dell’eccidio. Grazie al lavoro del procuratore Paolo Albano il 25 ottobre 1994 il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere condanna all’ergastolo, in contumacia, Wolfgang Lehnigk-Emden e l’ex sergente Kurt Schuster.

Dopo 48 anni da quella terribile notte, giustizia era finalmente fatta.