A Capua domenica 11 dicembre “White Sound / Suono Bianco”, quarto appuntamento di FaziOpenTheater

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Domenica 11 dicembre a Capua è in programma il quarto appuntamento della rassegna FaziOpenTheater, Sezione Teatro. Le Compagnie “Teatro nel Baule” e “Teatro in Fabula” di Napoli presentano “White Sound / Suono Bianco“. Lo spettacolo è stato selezionato per il bando “Vivere all’italiana sul palcoscenico 2021” promosso dal Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione Internazionale.

La prima rappresentazione andrà in scena alle ore 18:00, la seconda rappresentazione alle ore 19:30 sempre presso la Sala Teatro di Palazzo Fazio in via Seminario, 10 a Capua.
Per informazioni e prenotazioni: Antonio Iavazzo, 3389924524, info@antonioiavazzo.it;
Gianni Arciprete, 3343638451, gianniarciprete@libero.it.

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FaziOpenTheater, giunto alla V Edizione nella stagione 2022 – 2023, e la Rassegna Nazionale di Teatro – Danza – Arti Performative ideata e con la direzione artistica di Antonio Iavazzo.

Testo e regia di Melissa Di Genova e Simona Di Maio. Interpreti: Melissa Di Genova, Simona Di Maio; Disegno luci di Dimitri Tetta; Scene di Francesco Felaco; Costumi di Gina Oliva; Ambientazioni sonore ed elementi scenici si Simona Di Maio e Melissa Di Genova; Assistente alla regia Giovanni Sbarra; Raccolta testimonianze di Roberta Niero; Voci registrate: Andrea Caianello, Antonio Di Vaio, Margherita Giustolisi, Enrico Varial, Antonio Piccolo, Peppe Villa, Giorgio Vitrani, Carmela Perillo.

Avviso della regia

E’ un progetto veramente originalissimo e speciale. Tra le altre cose, infatti, il numero degli spettatori all’ingresso sarà ridotto e ad ognuno di loro sarà consegnato una cuffia “binaural microphone”, cuffia in grado in grado di riprodurre la tridimensionalità del suono come percepita dall’orecchio umano. In virtù di questa caratteristica ci saranno, eccezionalmente, due rappresentazioni consecutive. Si consiglia prenotazione.

Sinossi

C’era una volta una bambina di nome Lucia e molto tempo prima, c’era solo un rumore, continuo, avvolgente, essenziale, il suono del ventre materno; un suono bianco, il White Sound. Quello che avvenne, in ordine temporale, è nella memoria di Lucia. Una memoria frammentata, con ricordi lontani, eventi sospesi, disseminati lungo le sue notti e i suoi giorni. Gli anni passano e Lucia dimentica, si perde, smarrisce i luoghi e i volti conosciuti. Grazie alla figlia Lidia, presente con lei in casa, pian piano i frammenti dei ricordi, seguendo un filo sonoro, si ricompongono. E finalmente si può celebrare la festa della piccola grande Lucia De Rosa. In scena due attrici che giocano a ricomporre una vita straordinaria, sussurrando alle sue orecchie per ricostruire ciò che il tempo ha cancellato. Il microfono in scena, un binaural microphone, è come una testa che ascolta, sensibile come l’orecchio umano. Accoglie i suoni creati intorno a lui, atmosfere e voci, consentendo al pubblico di fare un’ esperienza immersiva, entrando nella memoria di Lucia De Rosa.

Note di regia

“Ci sono stanze che vengono utilizzate spesso, dove si entra facilmente, piene di luce. Ecco, queste stanze sono la corteccia celebrale. Ci sono, poi, altre stanze, stanze nascoste, antiche, in cui tutto è conservato con cura. In queste stanze remote si trovano i primi ricordi, quelli d’infanzia e le nostre emozioni.” Il progetto nasce dal desiderio di raccontare due eventi naturali che hanno interessato il nostro vissuto: la perdita di una persona cara e l’arrivo di una nuova vita. La simultaneità di questi due accadimenti non ci è sembrata un caso. A un certo punto infanzia e vecchiaia si incontrano. Affacciarsi alla vita e lasciarla si ritrovano alla soglia della stessa porta. Un punto senza tempo e senza spazio. Così nasce la nostra storia, la storia di Lucia De Rosa. Per costruire la drammaturgia, abbiamo ascoltato le donne anziane e i bambini che hanno risposto alle nostre domande sui ricordi. Grazie a loro, abbiamo costruito gli episodi di vita raccontati nello spettacolo, arricchendo la nostra ricerca, con l’immaginazione e la fantasia tipiche dell’infanzia. La dimensione del ricordo è completamente affidata alla sensorialità e al lavoro realizzato sui suoni, ricostruiti come richiamo, evocazione, stimolo, musica, fino a trovare l’origine: il White Sound. Il suono bianco, anche conosciuto come White Noise, è un suono continuo che si usa per far addormentare i neonati. Quando siamo nel ventre di nostra madre, il nostro mondo è suono, ancora prima delle prime luce guardata, ancora prima del primo tocco; la prima percezione è sonora. In essa sono racchiusi tutti i suoni del corpo della madre: il ritmo del cuore, i movimenti delle viscere, il fluire del sangue, il respiro. Partiamo così dal White Sound: lo ascoltiamo e attraversiamo tutta la vita di una donna, sintonizzandoci sulle sue frequenze. In scena utilizziamo un binaural microphone, che riproduce la la tridimensionalità del suono percepito dall’orecchio umano. Il racconto sonoro, grazie al microfono, diventa materico e apre lo spazio scenico all’immaginazione di ogni singolo spettatore. Desideriamo raccontare l’altro volto della malattia, rintracciando dietro le sue crepe il seme di umanità e di bellezza che disegna nell’ombra il suo sentiero luminoso.