In compagnia di una poesia… di Alessio Errico

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Care lettrici e cari lettori, ognuno può scrivere poesia, a prescindere dalla strada che percorrerà nella vita. L’esempio di qualità di questa considerazione è Alessio Errico, archeologo e poeta di Nardò, classe 1991.

Nel 2006, ancora adolescente, è vincitore del XX Premio Nazionale di Poesia Giovanile di Lequile, su proposta di una giuria presieduta da Donato Valli, Rettore emerito dell’Università degli Studi di Lecce. Fa il suo esordio in prosa tra le pagine della rivista studentesca Palm&Roll e del periodico sindacale universitario Rotta Indipendente.

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Nel 2012 approda nella redazione di UniReport, testata giornalistica nata in seno alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Ateneo salentino; finalista del concorso Lo Scrivo Io, indetto annualmente da La Gazzetta del Mezzogiorno, nello stesso anno consegue con la silloge Teneri di terra una Menzione Speciale nella seconda Edizione del concorso Il Lancio della Penna, edita nell’antologia omonima (Bari: Edizioni Cultura Fresca). Nel 2014 l’Associazione Arcobaleno di Tivoli Terme gli conferisce una proposta letteraria individuale culminante nella raccolta Prigionieri tramontati (Sanremo: Vitale Edizioni). L’anno seguente è con Carlo Alberto Augieri, Professore ordinario di Critica Letteraria e Letterature Comparate dell’Università del Salento, tra i fondatori e relatori del Gruppo Poetico Giovanile, organo accademico di divulgazione letteraria, scoperta e promozione di nuovi talenti poetici.

Si laurea a Lecce in Lettere Classiche e collabora con Spagine, periodico letterario del Fondo Verri; poco dopo si trasferisce a Bologna, ove consegue nel 2018 la Laurea Magistrale in Archeologia e Culture del Mondo Antico.

Nel 2019 Errico riceve dall’Associazione Napoli Cultural Classic l’incarico di partecipare alla Giuria della XIV Edizione dell’omonimo Premio Letterario Internazionale, organizzata e coordinata dalla poetessa Assunta Spedicato, nonché presieduta dall’editore Giuseppe Laterza.

A un figlio

Verrà la sera e scorgerò fiorire
alla Luna soffici i suoi petali:
non mi vedrà all’alba né mai la notte
recidere, ninfea purissima

il suo stelo. A me non spettano
i disii d’un bimbo che, sospirando
queste terre truci dimorerà.
Niveo, il suo cuor si smarrirà

spirito che vergine come goccia
tra i nembi, vedrà in mezzo agli uomini
devastati i prati dall’opulenza

Tu solo ascolti, rivo solitario
l’ansia d’un padre che padre non è
ma a quel fior tenderà l’affranta mano

A un figlio” è un componimento poetico scritto nel 2014, in cui l’autore – ventiduenne nel momento in cui scrive – confessa il proprio senso di precarietà esistenziale e sfiducia nell’imminente futuro, pervaso di materialismo e nichilismo. Dunque esplicita la propria confessione al cospetto degli elementi di natura, i quali circondano la sua solitudine presente; ed entro i confini d’una cornice estetica e lessicale quasi onirica, egli vagheggia il rapporto con un figlio evanescente, giacché non ancora nato e che, anzi, teme possa mai nascere.

L’opera è un delicato sonetto in endecasillabi sciolti, reso più attraente mediante l’impiego di iperbati (vv. 2, 4-5, 6-7, 11), enjambements (vv. 3-4, 9-10) e chiasmi concatenati (vv. 7-8-9, 11-12). Sono inoltre presenti alcune figure retoriche di significato, principalmente sinestesie (vv. 4, 7, 8, 9, 12, 14), ma anche metafore (vv. 8, 11), una similitudine (vv. 9-10), nonché figure di suono disseminate lungo tutto il testo, quali allitterazioni, consonanze e, infine, un’anafora (v. 13). La punteggiatura è scarna, come fosse misurata.

La poesia, nel suo complesso, non è che una metafora dilatata e circolare, in cui l’innocente e fioca figura del figlio appena nato, del tutto indifeso e ancora estraneo ai mali e all’opulenza del mondo che lo attendono, assume l’apparenza d’un fiore (prima quartina), fragile e innocuo com’è la ninfea, che placidamente e passivamente si lascia trasportare dai flutti d’un solitario corso d’acqua (terzina finale).

La poetica di Alessio Errico è ispirata al canone metrico della tradizione letteraria italiana. Si caratterizza essenzialmente per un lessico ricercato ma al contempo tenue e limpido, dedizione e cura nei dettagli, effetti retorici e fonetici studiati nei minimi particolari. L’uso della rima, al netto di canzoni e alcuni sonetti, è tuttavia limitato e sporadico.

Espediente tecnico peculiare del suo stile, particolarmente adottato nei componimenti più estesi, è quello che egli definisce “principio di dissimulazione retorica”: ovvero il concetto secondo cui «l’esteriorità formale e gli artifici retorici di una canzone, d’un sonetto o del singolo endecasillabo sono funzionali a un messaggio, il quale risulta, in minore o maggior misura, occultato a seconda dell’intenzione didascalica dell’autore. E, pertanto, dissimulato. Lo strumento della comunicazione s’identifica, ancora una volta, nella comunicazione stessa, ma senza che il lettore ne abbia immediata cognizione».

Voglio ricordarvi che se anche voi scrivete poesie e vi piacerebbe inserirne una in questa  rubrica basta inviarcela all’indirizzo email poesia2019@virgilio.it, riportando: titolo e testo della poesia, nome autore e breve nota di commento.