Dramma a Caserta, ragazza 27enne muore nella notte

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Caserta – Un malore improvviso ha inaspettatamente spezzato la vita della giovane Chiara T., una ragazza casertana di soli 27 anni. La morte, silente, l’ha sorpresa nel corso della notte: si è sentita male poco dopo le 2 quando è stata con tutta probabilità vittima di un arresto cardiaco. Quando la madre si è accorta della gravità della situazione ha immediatamente allertato i soccorsi, ma nemmeno i medici hanno potuto far nulla per salvare quella giovane vita. La tragedia è avvenuta non lontano da Casolla e dall’area in cui si svolge il mercato settimanale a Caserta. Chiara era una ragazza piena di amici e che si sapeva far voler bene grazie al suo carattere solare: in molti piangeranno la sua prematura e improvvisa scomparsa.

La “morte improvvisa” non è così improvvisa

Si chiama «morte cardiaca improvvisa» perché siamo abituati a pensare che arrivi come un fulmine a ciel sereno: da un momento all’altro il cuore va in fibrillazione, smette di battere e, se non c’è un defibrillatore a portata di mano per farlo ripartire, è molto probabile non sopravvivere. Una rassegnazione all’ineluttabile tutta da rivedere, stando a una ricerca presentata all’ultimo congresso dell’American Heart Association: molti casi di arresto cardiaco improvviso infatti sarebbero preceduti, nelle ore e addirittura nelle settimane precedenti, da segni e sintomi che potrebbero salvare la vita se li sapessimo riconoscere e ascoltare.

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La buona notizia arriva da una ricerca, l’Oregon Sudden Unespected Death Study, che dal 2002 al 2012 ha valutato informazioni ottenute da oltre un milione di abitanti dell’area di Portland, negli Stati Uniti. Nell’ambito dell’indagine gli autori hanno estratto i dati di tutti gli uomini fra i 35 e i 65 anni che negli undici anni considerati hanno avuto arresti cardiaci al di fuori dell’ospedale. Uno degli eventi più temibili, spiegano i ricercatori: meno dei 10 per cento delle vittime sopravvive visto che quando arrivano i soccorritori nella maggioranza dei casi non c’è più niente da fare. I casi di arresto cardiaco registrati in questo lasso di tempo sono stati poco meno di 600. Valutando eventuali segni e sintomi manifestati nelle settimane precedenti i medici sono rimasti sorpresi: il 53 per cento delle vittime ha avuto qualche campanello d’allarme prima dell’arresto cardiaco, nell’80 per cento dei casi da un’ora fino a quattro settimane prima dell’evento.

Nel 56 per cento dei pazienti si era manifestato un dolore al petto, il 13 per cento aveva sofferto di affanno e fiato corto, il 4 per cento aveva avuto palpitazioni, capogiri o era svenuto. La maggior parte delle vittime di morte cardiaca improvvisa aveva una coronaropatia, ma solo la metà di loro era stata sottoposta ad accertamenti per questo problema prima dell’arresto cardiaco. «La morale è semplice – spiega Sumeet Chugh, responsabile della ricerca e direttore della sezione di cardiologia genomica al Cedars-Sinai Heart Institute di Los Angeles -. Chiunque abbia uno di questi sintomi, non li trascuri: ne parli al medico senza perdere tempo, perché potrebbe fare la differenza fra la vita e la morte». Intercettare chi ha il cuore sul punto di cedere, infatti, può consentire di iniziare terapie farmacologiche o programmare interventi che riescono a scongiurare l’arresto cardiaco.

Questo vale anche per chi è più giovane rispetto ai pazienti studiati dagli statunitensi: purtroppo infatti la morte cardiaca improvvisa riguarda anche ragazzi che vengono stroncati da un attacco di cuore mentre praticano sport. Per salvare loro la vita a Pavia è partita da poco una campagna, il «Progetto Giovani Pavia ‘93», per il quale tutti i ventenni della città saranno sottoposti gratuitamente a uno screening per individuare alterazioni che espongono al rischio di morte improvvisa. «Le malattie che aumentano la probabilità di questo evento sono numerose, ma oggi abbiamo a disposizione un microchip genetico che può rivelarle con una rapidità e una precisione finora impensabili – spiega Italo Richichi, coordinatore del progetto -. La nuova indagine genetica infatti ha una sensibilità diagnostica dell’80 per cento contro il 50-60 per cento dei test precedenti. Inoltre fornisce i risultati in un mese contro i 4-5 mesi necessari con gli esami disponibili a oggi. Possiamo perciò sapere velocemente e con una buona certezza se un soggetto è predisposto a patologie che espongono al rischio di morte improvvisa come le cardiomiopatie ipertrofiche, la trombofilia, le sindromi del QT lungo e corto, di Marfan, di Brugada, di Nooman e di Leopard». I medici sperano di poter estendere lo screening anche oltre la città di Pavia; di certo la morte cardiaca improvvisa è meno “fulminea” di quanto si pensasse in passato ed esiste un margine per prevenirla e difendersi.