Greta Thunberg è “Persona dell’Anno” di Time 2019. La 16enne svedese attivista per il clima è la più giovane personalità scelta dal magazine per la copertina di dicembre dal 1927.
E’ lei la persona che, secondo la rivista Time, più d’ogni altro ha determinato l’anno che sta per concludersi. Mai, dal 1927 a oggi, la copertina dell’anno era andata a una teenager. Non una ragazzina qualunque però, ma colei che due giorni fa ha parlato alla Cop 25 di Madrid davanti a capi di governo e delegazioni scientifiche e politiche del mondo intero ricordando che “la società civile deve esercitare pressioni sui leader che non fanno nulla”.
La sedicenne attivista svedese ha battuto il presidente Donald Trump, la speaker della Camera Nancy Pelosi, la leader dem “madrina” dell’impeachment, e pure l’informatore interno alla Casa Bianca che per primo ha denunciato le pressioni del presidente americano sull’omologo ucraino: da molti dato in pole position per la copertina.
Time invece ha scelto di omaggiare “il potere della gioventù”. Lo ha annunciato in diretta tv, nel corso del programma mattutino di Cbs Today Show il caporedattore della rivista Edward Felsenthal: “Ha dato voce a un problema globale. Ed è il simbolo di un passaggio generazionale in ambito politico e culturale”.
Felsenthal ha poi mostrato la copertina “positiva” con Greta in piedi su uno scoglio affacciato sul mare, con addosso una felpa rosa. Immagine accompagnata dalla dicitura: “Per aver dato l’allarme sulla attitudine predatoria dell’umanità verso l’unica cosa che abbiamo”.
Ma anche per “aver mostrato cosa succede quando una nuova generazione prende la guida della protesta”. Riconoscendo a Greta, inventrice dei Fridays for Future, le proteste del venerdì iniziate in solitaria poco più di un anno fa, di fronte alla sua scuola, “di essere riuscita a trasformare vaghe ansie sul futuro del pianeta in un movimento globale”.
Era il 20 agosto 2018 quando per la prima volta si sentì il nome di Greta Thunberg, sedicenne svedese che smise di andare a scuola per manifestare da sola fuori dal parlamento di Stoccolma dove rimase seduta, durante le ore scolastiche, fino alle elezioni legislative del 9 settembre 2018.
Il suo slogan Skolstrejk för klimatet (Sciopero della scuola per il clima) aveva un obiettivo preciso: far sì che il governo svedese riducesse le emissioni di anidride carbonica come previsto dall’accordo di Parigi sul cambiamento climatico. Dopo quel 20 agosto il gesto di Greta ha generato una vera onda. Non solo nel suo Paese, la Svezia. Ma in tutto il mondo.
Ma intanto l’Italia cosa fa? Mentre milioni di giovani si mobilitano per chiedere maggiore attenzione all’ambiente, interventi radicale per la riduzione di inquinanti, il rispetto del polmoni verdi del pianeta, l’Italia propone la plastic tax per disincentivare l’utilizzo di plastica soprattutto nel confezionamento di alimentari e bevande.
Eppure quando fu proposto l’uso esclusivo e un sovrapprezzo sui sacchetti biodegradabili nei supermercati, fu pioggia di critiche e dissensi. Perchè non imporre piuttosto alle aziende di ridurre gli imballaggi?
E così, mentre continuiamo a portare a casa prodotti ultra sigillati in plastiche e polistiroli, ci viene chiesto di utilizzare sacchetti biodegradabili e borracce di alluminio nel nostro vivere quotidiano. E ci viene chiesto anche di ridurre l’utilizzo di automobili a vantaggio delle sane biciclette. Ma come, in città gruviera dove le strade e i marciapiedi attentano l’incolumità anche ai più ecologisti pedoni?
Un controsenso che impone una domanda: quando realmente la politica affronterà i colossi dell’economia per imporre prima di tutto a loro l’utilizzo parsimonioso di imballaggi di plastica, aiutando la ricerca per rendere più economici i materiali alternativi bio? E quando si renderà più conveniente acquistare auto “ecologiche”?
Eppure ci sono già aziende che si sono attivate su questo fronte, ma con gravi rincari di costi che pesano soprattutto sui posti di lavoro e consumatori finali.
E fino a quando alla raccolta di bottigliette di plastica sulle spiagge non farà seguito una reale presa di posizione globale, disposta persino a boicottare i prodotti incellofanati e costretti tra mille imballaggi, il risultato sarà solo quello tipico di ogni movimento modaiolo della storia.
E se la raccolta differenziata non diventerà reale, sia per impegno dei cittadini sia da parte di chi è chiamato a garantirne l’efficacia con processi di selezione, riciclo e utilizzo, la colpa non potrà essere mai attribuita delle plastiche ma dell’utilizzo e dello smaltimento irresponsabile che se ne fa.
Inimmaginabile un mondo senza plastica, indispensabile in milioni di casi. Basti solo pensare all’utilizzo del “monouso” in campo medico e chirurgico.
Altrettanto indispensabile, però, dovrebbe essere il corretto smaltimento e il riuso di tutti i materiali, carta, vetro, e metalli compresi. Eppure, per buona pace di Greta e salvo rare eccezioni, in Italia siamo ancora all’anno zero.