Cosa fare dopo la nascita di un figlio o la morte di un parente
Chi è già genitore sa benissimo che quando nasce un figlio la prima cosa da fare è trovargli un nome, che è già abbastanza difficile per qualcuno… poi, lo step successivo, è denunciare alle autorità l’avvenimento. Quest’ultimo passaggio è assolutamente obbligatorio e può avvenire anche in forma anonima. Dopo la vita, però, c’è la morte e pure in questo caso occorre procedere con la denuncia obbligatoria per legge. Si tratta di fatti naturali che producono effetti giuridici e perciò vanno compiuti degli atti idonei. Capiamo da subito come bisogna procedere.
La denuncia di nascita
Le nuove nascite devono essere obbligatoriamente denunciate. La dichiarazione avviene in modi diversi a seconda che i genitori siano o meno sposati, ovvero la voglia/possa formulare un solo genitore.
Se il bambino è nato da genitori sposati la denuncia va formulata secondo il seguente iter:
- da uno dei genitori o da un loro procuratore speciale, davanti al direttore sanitario dell’istituto ove è avvenuta la nascita, entro 3 giorni da quando è venuto alla luce (dal parto);
- da uno dei genitori, davanti all’Ufficiale dello Stato Civile del Comune di residenza della madre o del padre, se vi è un preciso accordo, entro 10 giorni dalla data del parto;
- da uno dei genitori, davanti all’Ufficiale dello Stato Civile del Comune di nascita, entro 10 giorni dalla data del parto.
Se il bambino è nato da genitori non sposati, la denuncia di nascita deve essere presentata così:
- da entrambi i genitori, congiuntamente, davanti al direttore sanitario dell’istituto in cui è avvenuta la nascita, entro 3 giorni dal parto;
- da entrambi i genitori, congiuntamente, davanti all’Ufficiale dello Stato Civile del Comune di residenza della madre o del padre, se vi è un accordo preciso, entro 10 giorni dal parto;
- da entrambi i genitori, congiuntamente, davanti all’Ufficiale dello Stato Civile del Comune di nascita, entro 10 giorni dal parto.
Tutto ciò detto merita alcune precisazioni. Innanzi tutto, se la denuncia di nascita è presentata al direttore sanitario non sarà necessaria alcuna formalità. Anche la donna immigrata irregolarmente ha diritto ad essere ricoverata nelle strutture pubbliche per partorire, senza che sia perseguibile per legge e senza il rischio di essere rimpatriata.
La madre non è mai obbligata a riconoscere il proprio figlio dopo la nascita. All’atto della dichiarazione va in ogni caso rispettata l’eventuale volontà della donna di non essere nominata ex art. 30 DPR 396/2000. Per tali ragioni è consigliabile che la partoriente sia ricoverata in strutture sanitarie pubbliche: solo così, infatti, è garantita la cura per la salute della madre e del neonato, assicurando soprattutto l’anonimato ed evitando, comunque, tutte le formalità.
Cosa scrivere nell’attestazione di nascita
Di solito gli uffici forniscono dei modelli prestampati da compilare, tuttavia è bene sapere quale sia il suo contenuto della dichiarazione da fornire per non essere impreparati. Per la stesura dell’atto, la dichiarazione resa all’Ufficiale dello Stato Civile va corredata da un’attestazione di avvenuta nascita indicante le generalità della madre, le indicazioni del comune ove è avvenuto il parto, l’ospedale, ovvero casa di cura o altro luogo dove il neonato è venuto alla luce. Inoltre, bisogna indicare il giorno e l’ora della nascita e, infine, il sesso del bambino e il nome. Dopo la dichiarazione viene formato l’atto di nascita – solo quando richiesto – nel quale sono riportati:
- il luogo della nascita;
- l’anno, il mese, il giorno e l’ora della nascita;
- le generalità, la cittadinanza, la residenza dei genitori, nonché le generalità di chi rende la dichiarazione di riconoscimento di filiazione e di chi ha espresso con atto pubblico il proprio consenso a essere nominato;
- il sesso del bambino e il nome che gli è stato dato ex artt. 29 e 30 DPR 396/2000.
L’attribuzione del cognome segue le norme del Codice civile, parti delle quali oggi risultano abrogate a seguito di alcune pronunce della Corte Costituzionale. Ebbene, dal figlio nato nel matrimonio, il cognome attribuitogli è quello del padre, con la possibilità per i genitori di preferire l’aggiunta di quello materno e, eventualmente, farlo precedere al paterno. Per tutti gli altri casi, decade l’automatismo dell’attribuzione del cognome paterno – ove sia fornita la dichiarazione di paternità – rimettendo alla volontà dei genitori l’attribuzione del cognome di entrambi o di uno soltanto. Inoltre, al figlio nato durante il lutto vedovile è attribuito il cognome paterno, giacché la paternità è presunta. Invece, nei casi di monogenitorialità il cognome attribuito è quello della madre dichiarante.
L’atto di nascita, infine, viene iscritto nei registri dello Stato Civile, nei quali vengono successivamente inseriti tutti gli atti riguardanti lo stato civile della persona, fino a quello di morte.
La dichiarazione di morte
Come già detto all’inizio, anche la denuncia di morte è obbligatoria per legge. Deve essere inoltrata dai familiari o da un delegato entro 24 ore dall’evento.
Per i decessi in ospedale o in istituto, la denuncia deve essere inoltrata all’amministrazione comunale dal direttore sanitario, o dai familiari, ovvero da un delegato.
Per i decessi in abitazione o altrove è necessario presentarsi all’Ufficiale dello Stato Civile in presenza di un dichiarante o delegato esibendo i seguenti documenti compilati dal medico curante:
- avviso di morte;
- accertamento di decesso.
Nient’altro è da aggiungere. Ovviamente, va da sé che dal momento della morte si apre la successione ereditaria, ma questa è altra storia giuridica.