Una poesia esistenzialista, ricca di spunti, scritta da Rimbaud a soli sedici anni. Ciò dimostra già l’acume del grande poeta, che è stato uno spirito inquieto della letteratura francese. La sua vita e le sue opere le potete leggere su varie enciclopedie e testi di letteratura. Scopriamo insieme, quindi, la Ma bohème.
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La Ma bohème, una poesia filosofica
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Analizziamo, quindi, questa poesia di cui riporto il testo e la traduzione:
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Ma bohème
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Je m’en allais, les poings dans mes poches crevées;
Mon paletot aussi devenait idéal;
J’allais sous le ciel, Muse ! et j’étais ton féal;
Oh! là là! que d’amours splendides j’ai rêvées!
Mon unique culotte avait un large trou.
Petit-Poucet rêveur, j’égrenais dans ma course
Des rimes. Mon auberge était à la Grande-Ourse.
Mes étoiles au ciel avaient un doux frou-frou
Et je les écoutais, assis au bord des routes,
Ces bons soirs de septembre où je sentais des gouttes
De rosée à mon front, comme un vin de vigueur;
Où, rimant au milieu des ombres fantastiques,
Comme des lyres, je tirais les élastiques
De mes souliers blessés, un pied près de mon cœur!
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La mia bohème
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Me ne andavo, i pugni nelle tasche sfondate;
E anche il mio cappotto diventava ideale;
Andavo sotto il cielo, Musa! ed ero il tuo fedele;
Oh! quanti amori splendidi ho sognato!
I miei unici pantaloni avevano un largo squarcio.
Pollicino sognante, nella mia corsa sgranavo
Rime. La mia locanda era sull’Orsa Maggiore.
– Nel cielo le mie stelle facevano un dolce fru-fru
Le ascoltavo, seduto sul ciglio delle strade
In quelle belle sere di settembre in cui sentivo gocce
Di rugiada sulla fronte, come un vino di vigore;
Oppure, rimando in mezzo a fantastiche ombre,
Come lire tiravo gli elastici
Delle mie scarpe ferite, un piede vicino al cuore!
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A livello metrico, il sonetto è composto in verso alessandrino. L’incipit mostra l’io andante, il poeta che se ne va, Je m’en allais v. 1, come un vagabondo con i pugni nelle tasche sfondate, les poings dans mes poches crevées. Questa immagine ha un doppio significato: la rabbia contro la realtà ed i sogni che si frantumano contro il muro della vita.

Il distacco dalla cruda realtà e il viaggio verso una realtà idilliaca e poetica si ha nel passaggio dell’immagine del cappotto che diventa ideale, Mon paletot aussi devenait idéal. Come un poeta che ha la tradizione poetica alle spalle, Rimbaud invoca la Musa, in media res, non per avere l’ispirazione alla poesia ma come un ton féal fedele, un adoratore, andando sotto il cielo senza meta.
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Viene subito introdotto quello che è il più comune tema poetico, l’amore, sia reale ma non corrisposto, sia quello platonico. Dalla visione idilliaca e sognatrice si passa alla realtà concreta: i pantaloni squarciati, la corsa folle verso le alte note poetiche e l’esercizio quasi religioso di comporre rime, j’égrenais dans ma course/des rimes, dove il verbo è sgranare, con la bellissima immagine delle rime come grani del rosario che compongono la poesia.
Eppure, l’immagine fiabesca di Pollicino, denotante una personalità ancora non formata e sognatrice, non è usata a caso. Come il protagonista della fiaba cerca la sua casa, così il giovane Rimbaud ha trovato la sua locanda nell’Orsa Maggiore, mon auberge était à la Grande-Ourse. Questa costellazione, quindi, diventa ispirazione e guida allo stesso tempo dell’animo del poeta smarrito.
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Altro elemento astronomico menzionato sono le étoiles, le stelle, che, secondo una prassi di distruggere le retorica, sbrilluccicano ed il loro baluginio diventa l’onomatopea frou-frou: proprio esse sono di ispirazione allo scrittore, in un quadro idilliaco, seduto sul ciglio di una strada nelle serate settembrine, mentre la rugiada gli bagnava la fronte, egli le ascoltava.
L’idillio, però, si rompe subito e la realtà irrompe irruenta: egli sì rima ma tra ombres fantastiques, sogni fantastici, mentre tirava a guisa di corde di una lira, i lacci delle scarpe rovinate, un pied près de mon cœur!