I lavoratori Jabil di Marcianise fanno sentire la propria voce contro il silenzio Istituzionale, e lo fanno attraverso una nota che non risparmia nessuno.
“Mentre si apprende con grande entusiasmo del ritiro della procedura di cessione della stabilimento Whirlpool di Napoli – fanno sapere – c è un’altra vertenza non meno catastrofica da un punto di vista di impatto sociale, che vede il licenziamento di 350 lavoratori su un totale di 707, ma relegata in sordina, in uno stato di abbandono, quasi come se si trattasse di lavoratori di serie B: il licenziamento dei lavoratori Jabil di Marcianise.
Un silenzio perpetrato dai mass media e dai politici, che preferiscono salire sul palco della Whirlpool per essere illuminati dai riflettori di quella che è diventata una vertenza molto più mediatica, sgomitando a chi risulta più bravo a rilasciare interviste e ad interessarsi alla questione.
Anche nel caso di Jabil, si parla di multinazionale americana che sta progressivamente abbandonando il territorio italiano, quello di Marcianise è rimasto infatti l’ultimo stabilimento aperto, quasi un baluardo a difesa della professionalità italiana nel campo dell’elettronica, ma abbandonato a se stesso e sottoposto a scelte aziendali selvagge, scellerate e ad una politica che nulla fa per scongiurare la delocalizzazione, la cessione di rami di azienda (una sorta di licenziamento autirizzato mascherato da cessione a partner) o licenziamento coatto.
Jabil, ha ribadito la volontà anche nelle sedi istituzionali di procedere con il licenziamento di 350 lavoratori ed è sconvolgente notare la reazione accomodante del Ministero e degli organi preposti, anzi sarebbe più corretto parlare di NON reazione.
Forse il Ministro e i politici locali erano troppo impegnati a rilasciare interviste per il caso Whirlpool. Ci si chiede quindi esistono lavoratori di seria A e di serie B? I lavoratori e le famiglie dei dipendenti Jabil sono per caso figli di un Dio minore?
Forse perché Jabil maschera il forte impatto sociale che ci sarebbe dietro una pseudo-ricollocazione, dimenticando però di sottolineare che quelle presentate sono quasi tutte Start-up che dovrebbero nascere sul territorio in futuro, senza piani industriali concreti, o piccole aziende già in difficoltà e unicamente attratte dai fondi che Jabil promette per ogni lavoratore acquisito.
Lo stesso Ministero ha palesato forti dubbi sulla solidità delle aziende presentate per la ricollocazione, un progetto farlocco, un salto nel buio a cui i lavoratori non hanno aderito in larga parte, proprio perché non ci sono garanzie neanche per un futuro a breve raggio.
Perché la politica non si è impegnata a coinvolgere grandi aziende del territorio, partecipate statali (che stanno assumendo) che potessero dare fiducia e piccole certezze ai lavoratori?
Inoltre negli ultimi tempi, quasi come in un gioco al gatto e al topo, la multinazionale americana ha dimezzato il premio riconosciuto a chi decide di lasciare l’azienda e usare quei soldi per avviare un’attività in proprio.
Una scelta senza senso che preclude ogni possibilità a chi stava valutando di andar via.
C’è da dire che anche Jabil ha avuto la sua passerella di personaggi politici che hanno varcato il cancello. Da Zingaretti alla Palmeri, ma alle tante chiacchiere non sono mai seguiti fatti concreti.
Questo è un fallimento di tutte le istituzioni e della politica territoriale, ostaggi dei ricatti di multinazionali che speculano sugli ammortizzatori e sui soldi pubblici, facendosi beffa e stralciando anche accordi sottoscritti in sede ministeriale.
Questo è lo specchio della credibilità di questo Paese e di questo governo.
Ma diamo almeno voce ai lavoratori Jabil, facciamoli uscire dall’ombra, da questa cortina di silenzio e diamo loro la possibilità di gridare che NON SONO FIGLI DI UN DIO MINORE, che anche loro hanno diritto ad interventi forti e radicali, che anche loro sono Persone e Lavoratori, mortificati e privati quotidianamente della loro DIGNITÀ”.