Legna da ardere certificata per uso alimentare, in provincia di Caserta poche pizzerie la usano

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La legna da ardere in uso nella gran parte delle pizzerie potrebbe essere pericolosa per la salute, addirittura cancerogena, perché non certificata per uso alimentare. L’allarme parte da una circolare che Confesercenti provinciale di Caserta ha inviato ai propri iscritti.

Vari tipi di legna usati incautamente ed abitualmente nei forni potrebbero contenere parassiti, insetti o tracce di essi, agenti patogeni e resina. Tutti elementi certamente ed altamente tossici quando vengono bruciati. Inoltre la legna proveniente da alberi da frutta è quasi sempre impregnata di pesticidi. Per non parlare dei legnami troppo umidi ed infestati da muffa e muschio, anche questi spesso non visibili ad occhio nudo, che rendono il fumo di combustione più pesante e basso, dunque più a contatto con gli alimenti nel forno.

veccia
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La questione riguarda in particolar modo le pizzerie in quanto nei classici forni per la pizza quest’ultima è a diretto contatto con i fumi di combustione della legna che brucia a soli pochi centimetri, al contrario di quanto accade ad esempio nei forni delle panetterie dove la legna brucia su un piano diverso e separato, dunque non c’è contatto diretto con il pane o gli altri prodotti da forno in cottura e la legna.

Per questo da pochi anni esiste la Certificazione Alimentare per la legna da ardere che viene concessa da enti esterni e che tiene conto non solo della provenienza e del tipo del legname ma anche di come questo viene trattato durante tutta la filiera: dall’essiccazione allo stoccaggio e finanche al trasporto. La certificazione riguarda ogni singolo carico di legna ed un documento che la attesti deve essere rilasciato insieme alla fattura dal fornitore all’esercente che acquista la legna per usarla nella propria pizzeria. Non sono in alcun modo valide le autocertificazioni che taluni fornitori di legnami rilasciano di propria iniziativa.

L’azienda Bernardo Legnami di Macerata Campania

Per saperne di più abbiamo raggiunto un operatore del settore: Diego Bernardo, il titolare dell’azienda Bernardo Legnami di Macerata Campania, una delle poche aziende sul territorio nazionale in grado di fornire ai propri clienti legna da ardere certificata per uso alimentare in ottemperanza alla normativa vigente.

Secondo il signor Bernardo il vero problema in merito all’uso di legna non certificata è di carattere culturale, infatti anche tra i pizzaioli e gli operatori del settore vigono disinformazione ed inerzia uniti ad una scarsa efficacia delle istituzioni che dovrebbero vigilare.

Il forno di essiccazione della Bernardo Legnami

I titolari di molte pizzerie, con l’intento di risparmiare, preferiscono comprare legna scadente e di dubbia provenienza da venditori non certificati e talvolta addirittura abusivi. Una legna di buona qualità, ovvero che bruci bene, costa intorno ai 13 euro al quintale più iva mentre la legna di qualità più infima può arrivare a costare anche solo 7 euro al quintale, ovviamente senza iva né fattura… Tuttavia la legna di qualità più scarsa non garantisce una combustione ottimale per cui ne serve un quantitativo maggiore ed anche la qualità dell’alimento cotto ne risente. Inoltre non esiste una differenza di costo tra una legna buona dal punto di vista della combustione ed una della medesima qualità ma dotata anche della certificazione alimentare. Circa 10 quintali di legna bastano mediamente per due settimane ad una pizzeria che sia aperta ogni sera. Il numero delle pizze sfornate incide in realtà poco sulla quantità di legna usata perché, come ogni buon pizzaiolo sa bene, è sempre importante tenere la temperatura del forno ad un livello costante ed ottimale. Questi pochi dati spiegano come il costo della legna non sia una voce di spesa importante per una pizzeria, per cui non ha senso risparmiare qualche euro scegliendo una legna di scarso livello e non certificata, almeno stando a quanto sostiene Diego Bernardo.

Secondo il dott. Gennaro Ricciardi, direttore di Confesercenti provinciale Caserta, la legna deve essere considerata a tutti gli effetti un alimento in quanto a contatto diretto durante la cottura con l’alimento stesso che ne assorbe per giunta i fumi provenienti dalla combustione della stessa. Concetto che Diego Bernardo ha fatto proprio ed ama ripetere come un mantra.

Come si presenta alla vista la legna da ardere adatta all’uso alimentare

Una buona legna inoltre è decisiva nel definire il sapore dell’alimento, come ogni fornaio o pizzaiolo esperto sa bene. Il Disciplinare Internazionale dell’Associazione Verace Pizza Napoletana prevede legno di faggio o di quercia, tuttavia molti pizzaioli semplicemente ignorano tale prescrizione. Ma se è facile distinguere una pizza cotta con una legna umida e scadente, dal punto di vista organolettico anche un addetto ai lavori non può in alcun modo accorgersi se una legna che bruci bene sia anche sicura dal punto di vista sanitario oppure no.

Tra le pizzerie del casertano, abbiamo la certezza che usino legname certificato alcuni grandi nomi come Casa Vitiello, Pepe in Grani, Fofò, Tre Farine ma anche locali emergenti e meno noti come Abbey Road e Pub 2+1. Di tutte le altre pizzerie del territorio della Campania non abbiamo certezza in alcun senso.

Purtroppo ad oggi non esiste alcuna normativa che imponga agli esercenti di esibire al pubblico la certificazione, ovvero un attestato come quello mostrato nella foto, della legna usata nei propri forni e c’è da augurarsi che il legislatore ponga rimedio al più presto a questa lacuna. Al momento, infatti, i normali clienti non hanno modo di accertarsi che la legna in usa nella propria pizzeria preferita sia quella di tipo corretto.

Per ovviare a ciò la ditta Bernardo ha realizzato di propri iniziativa una targa, naturalmente in legno, che regala alle pizzerie che rifornisce abitualmente così che possano mostrarlo ai clienti affisso in sala. Naturalmente, al contrario dell’attestato di cui prima, si tratta di un documento indicativo ed utile a rassicurare i commensali ma privo di qualsiasi valore legale.

A partire dal 2015, con l’istituzione del corpo CITES che coadiuva il corpo dei NAS dei Carabinieri, i controlli cominciano a riguardare anche la certificazione alimentare della legna e non solo l’evasione fiscale, la tracciabilità degli alimenti e le condizioni igieniche dei locali secondo il sistema HACCP. Per fortuna tali controlli si stanno intensificando negli ultimi tempi anche nella nostra provincia. La sanzione, che può ammontare da un minimo di 1000 ad un massimo di 6000 euro circa, è a carico della pizzeria che venga eventualmente trovata non a norma e non a carico del fornitore di legnami in quanto è il ristoratore ad essere responsabile di ciò che porta in tavola.