Il paese mormora e il giudice le addebita l’infedeltà. Quando è revocato il mantenimento

Il paese mormora e il giudice le addebita l’infedeltà
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Sulla pubblica vetrina di Facebook la moglie offende la dignità e l’onore del marito

Il paese mormora… sembra quasi il titolo di un romanzo di Emilio Martini in cui il commissario Berté, tra le molteplici preoccupazioni della vita, risolve il suo ennesimo difficile caso d’omicidio. Ma stavolta le preoccupazioni sono di ben altra natura e, soprattutto, di ben altro uomo. Recentemente, infatti, una nuovissima vicenda giudiziaria, senza precedenti nella storia – o quasi – è approdata in un’aula di tribunale a Vibo Valentia. Le foto di una moglie troppo espansiva pubblicate sui social network hanno – a detta dei giudici – recato pubblicità alle scappatelle extraconiugali. Pertanto, è giusto revocare l’assegno di mantenimento precedentemente determinato in favore della donna nella separazione. Ora, però, andiamo con ordine.

La scappatella di dominio pubblico

Lo scorso 21 aprile, con la sentenza numero 307/22 della sezione civile del Tribunale di Vibo Valentia, è stata accolta la domanda di un marito che sollevava l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale. Stiamo parlando, effettivamente, di una violazione particolarmente grave, sicché tale dovere è stabilito al secondo comma dell’articolo 143 del Codice civile. In dottrina si è soliti distinguere l’infedeltà virtuale, ossia quella che si configura quando non vi è consumazione fisica, da quella “piena”, cioè comprovata da fatti concreti. Nel caso di specie, la prova materiale era lampante, quindi piena: le foto ritraevano atteggiamenti difficilmente riconducibili ad una banale amicizia tra uomo e donna. E non finisce qui! La relazione adulterina nel processo non è stata provata soltanto da qualche foto online, c’è di più.

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Prima di tutto, è bene ricordare che, in casi come questi, spetta al coniuge coinvolto nella tresca l’allegazione di prove che smentiscono la condotta contestata escludendo il nesso di causalità, su cui ha fatto perno la vicenda giudiziaria. L’altra prova contro la focosa moglie 50enne era testimoniale e a deporre sono stati proprio i suoi figli. Per fortuna entrambi maggiorenni, i due figli della coppia hanno confermato le innumerevoli relazioni extraconiugali di cui la signora era solita vantarsi. Purtroppo, contro di lei un intero paesino, dove la gente, per noia, è solita mormorare, appunto. E la relazione intrattenuta finanche con un compaesano non è passata inosservata, anzi, si può dire abbia scatenato un tumulto di popolo di malelingue. Immaginate, perciò, i poveri giudici costretti a leggere e sentire di tutte le liaison, dei lunghi incontri, delle infuriate di mogli tradite e così via… un po’ come Mena Suvari in American Beauty…

Telefonate anonime, buste contenenti foto della donna in albergo (e non aggiungiamo altro). Voci di prestazioni a pagamento e tutto reso da lei di dominio pubblico su quell’”aggeggio sfasciafamiglie” di Facebook, volendo casualmente citare Giuliano Ferrara.

Per fare una sintesi, i giudici, sulla base di questa esasperata condotta contraria ai doveri di lealtà, che costituiscono la “frattura multipla scomposta” del matrimonio, hanno condannato la moglie. Leso, dunque, il marito nella sua dignità e nell’onore a causa del ristretto ambiente di appartenenza in cui la vicenda matura e il clamore pure. Restano per l’interessata il pagamento delle spese processuali e il risarcimento al pover’uomo becco e non contento.