La Sala di Marte, situata appena dopo quella di Alessandro, è ancora più sfarzosa e ricca rispetto alla precedente perché destinata, come risulta dai documenti, ai “Titolati, Baroni del Regno, Uffiziali, Militari e Inviati Esteri”. Fu realizzata durante il regno di Murat per sottolineare l’interesse da parte di Gioacchino e della moglie Carolina, che avevano anche stanziato cospicui fondi, nei confronti della Reggia. Il progetto fu ideato dal primo architetto di Corte, Antonio De Simone, ma eseguito da altri due architetti, De Lillo e Patturelli, che nel realizzare la Sala dovettero non solo celebrare i fasti dei Borbone, ma anche sottolineare le virtù militari delle monarchie imposte da Napoleone, tra cui soprattutto quella murattiana.
Il nome della Sala si deve alle decorazioni raffiguranti il dio greco della Guerra, chiamato Marte dai latini. Sulla volta si trovano sia l’opera del 1813 di Antonio Galliano “Il carro di Achille che protetto da Marte travolge Ettore” sia i rilievi che rappresentano, in basso, divinità ed eroi omerici, nella parte centrale i trofei e nella parte superiore le allegorie delle Vittorie Alate e delle Virtù guerresche con i simboli della Prudenza e della Forza: lavorarono alle varie decorazioni Beccalli, D’Antonio, Masucci, Monti e Lucchesi, insieme ad altri esperti tra intagliatori e stuccatori.
Il pavimento, come per molte delle altre sale che conducono alla Sala del Trono, è opera di artigiani napoletani, mentre la tazza al centro della stanza risale all’epoca romana e fu donata a Ferdinando II di Borbone dal pontefice Pio IX. A completare l’arredamento della Sala di Marte ci sono numerosi altri oggetti: un vaso di porcellana con manici di bronzo dorato, quattro candelabri di bronzo, due consolles con piedi piramidali e ripiani in marmo, otto sgabelli a faldistorio di legno intagliato e dorato e infine un orologio francese in stile impero.