Cara Anne, oggi è il tuo compleanno… 91 candeline da spegnere e chissà quanti ricordi da raccontare ai tanti giovani che ti avrebbero ascoltata! Per nostra fortuna abbiamo il tuo famoso Diario, dove narri la dolorosa esperienza di vivere nascosta per paura dei rastrellamenti nazisti. Ricordi l’esortazione che facesti al tuo quaderno giornaliero, considerato come una sorta di amico e non alla pari di una serie di pagine bianche da riempire di inchiostro?
Spero di poterti confidare tutto, come non ho mai potuto fare con nessuno, e spero che mi sarai di grande sostegno.
Un incipit da illustre scrittrice, poche parole per sottolineare l’uso della scrittura diaristica come memoria delle vicende che hai vissuto e come mezzo di sostegno psicologico dinanzi ad eventi lieti o tragici che ti si presentavano. E quante emozioni ci ha regalato…ma oggi non desidero parlare di te, Annelies, come diarista bensì far conoscere un tuo componimento, Aprile.
Aprile una poesia poco ricordata
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Il tuo nome, infatti, è legato a dei versi che mi piacerebbe che tu recitassi. Allora, cari lettori, immaginiamo per un momento la voce di Anna Frank mentre legge il testo:
Aprile
Prova anche tu,
una volta che ti senti solo
o infelice o triste
a guardare fuori dalla soffitta
quando il tempo è così bello.
Non le case o i tetti, ma il cielo.
Finché potrai guardare
il cielo senza timori,
sarai sicuro
di essere puro dentro
e tornerai
ad essere felice
Quanto dolore si nasconde in queste parole, scritte quando eri ancora adolescente, morta troppo presto nel campo di Bergen-Belsen, ad appena 16 anni, costretta a vivere la tua fanciullezza in una soffitta, dove ti creavi una vita immaginaria contro la dura realtà ed obbligata ad una difficile convivenza con persone sconosciute. Chissà cosa saresti diventata? Una Virgina Wolf ebrea, pronta a farsi in quattro per difendere i diritti delle donne attraverso la letteratura? Oppure una psicologa…sì perché nei tuoi versi c’è una maturità ed una influenza letteraria sorprendenti.
Leggendoli, infatti, penso che conoscessi il nostro amato Leopardi: la sua immagine mentre si struggeva dinanzi al colle, reo di sbarrargli la vista al mondo esterno, ricorda la tua perfida soffitta, anch’essa colpevole di farti guardare solo i piani alti delle case, il tetto e il cielo e sbarrarti la vista a ciò che c’era al di là di quel vetro. Eppure, già comprendevi l’importanza, per l’animo umano, specie nei momenti di sconforto (una volta che ti senti solo o infelice o triste), di trovare una valvola di sfogo, spesso nella realtà esterna (guardare fuori dalla soffita…il cielo).
Il cielo, che forse per te rappresentava l’elevazione spirituale al di sopra della quale c’è solo Dio e al di sotto la mostruosità della tremenda epoca in cui stavi vivendo, ti permetteva di scacciare via tutte le preoccupazioni o i sensi di colpa (sarai sicuro di essere puro dentro) per tornare ad essere felice. Condanniamo vivamente, quindi, chi ancora deturpa il tuo ricordo, spinto da becera ideologia di morte e distruzione, mentre tutti noi siamo sempre pronti a commemorarti, piccola grande poetessa… Alla prossima!