“Prima vennero” di Martin Niemöller, il tedesco che odiava il nazismo

Martin Niemöller,
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Per la Giornata della Memoria, voglio ricordare non solo gli ebrei ma anche tutte le vittime della barbarie nazista: disabili, zingari, omosessuali e prigionieri politici. Lo farò raccontando l’orrore attraverso i versi di Martin Niemöller

Essere un teologo in un’epoca così buia non era una cosa semplice. Martin Niemöller, nato nel 1892 e morto nel 1984, come tutti i tedeschi, inizialmente guardò con occhio positivo il Nazismo, ricevendo anche la Croce di Ferro. Dal 1934 dissentì apertamente della politica hitleriana ma essendo una personalità di spicco della nazione ebbe vita tranquilla fino al 1937, quando fu arrestato. Provò sulla sua pelle l’orrore di vari campi di concentramento, raccontati nelle sue poesie. Fu tra gli ostaggi delle SS in Alto Adige ma gli Alleati nel 1945 lo liberarono.

Prima Vennero, la poesia per le vittime dimenticate

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Ad una prima lettura, la poesia potrebbe sembrare un attacco agli altri internati ma in realtà non è così. Il testo è stato rimaneggiato più volte, inserendo diverse categorie socio-politiche. Il testo è riportato anche nel Monumento all’Olocausto a Boston, in Massachussetts. Ecco i versi:

Prima di tutto vennero a prendere gli zingari,
e fui contento, perché rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei,
e stetti zitto, perché mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato,
perché mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente,
perché non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me,
e non c’era rimasto nessuno a protestare

La poesia, senza citarli per nome, descrive le retate naziste, che catturarono, gli zingari, gli ebrei, gli omosessuali ed i comunisti. Ad ogni arresto, il protagonista della poesia esprime un suo personale parere: gli zingari rubacchiavano, gli ebrei erano antipatici, gli omosessuali non li sopportava, i comunisti ma non si pronuncia. La tragicità negli ultimi versi: un giorno vennero a prendere me e non c’era rimasto nessuno a protestare. Due considerazioni da fare: la prima, il personaggio che parla non si sarebbe mai aspettato che arrestassero lui; la seconda, avevano già arrestato tutti o quantomeno molti per paura non parlavano più, quindi nessuno poteva protestare.

Questo accade per diversi motivi: gli arresti hanno colpito gruppi che, indubbiamente, nella mentalità popolare, erano esecrabili di diversi pregiudizi ma col tempo hanno coinvolto anche personalità politiche e comuni cittadini. Ed ecco il riempirsi dei campi di concentramento anche di cattolici, di gente comune, di tedeschi stessi che non hanno mai accettato la supremazia hitleriana. La mancanza di protesta è di quanto più antidemocratico ci sia al mondo. Perché, in fin dei conti, la poesia rappresenta uno scenario realistico: si giudica ma non ci si muove, si aspetta passivamente che le cose cambiano ma tutto rimane uguale fino a quando c’è la tragedia che colpisce chi non se lo sarebbe mai aspettato.

La poesia, nel corso del tempo, è diventato un manifesto culturale contro l’indifferenza di coloro che non alzano un dito per difendere gli altri, lasciando che vengano arrestati o maltrattati. Versi molto attuali, visto che spesso vediamo molti non intervenire in casi simili, facendoci prendere da quella cattiva radice del pregiudizio. In questo giorno così importante, allora, cerchiamo di non dimenticare che l’umanità per molto tempo è rimasto indifferente dinanzi all’Olocausto, tentando anche di far capire che non è mai esistito o che è colpa dei tempi o dell’epoca. Dimenticare mai! Ricordare sempre, specialmente ora che la lontananza dagli eventi bellici del ’43 e che molti dei testimoni stanno morendo…